
Caprino al vino bianco De Santis: identità di un formaggio che firma il panino milanese
Il caprino al vino bianco non è solo un ingrediente per De Santis, ma un archetipo di gusto che fonde tecnica casearia, memoria rurale e progettualità gastronomica contemporanea
Che cos’è un caprino e come nasce: perché l’ingrediente di Panini De Santis è un unicum
Il caprino al vino bianco creato da De Santis è un unicum. In esso si riflette l’idea di Milano come crocevia di culture: una città capace di innovare restando fedele alle proprie radici, proprio come un panino che fa convivere semplicità e raffinatezza in pochi, calibrati bocconi.
In Italia il termine caprino designa una vasta famiglia di formaggi freschi o a breve maturazione, ottenuti per lo più da latte di capra attraverso coagulazione lattica. Il latte, scaldato a bassa temperatura, coagula lentamente; la cagliata viene quindi rotta con delicatezza, lasciata scolare in piccoli stampi e asciugata fino a ottenere cilindri o tronchetti leggeri. In molte zone alpine e prealpine la massa subisce una breve stufatura a 22-24 °C: la flora lattica che si sviluppa in questa fase dona al prodotto la tipica vena acidula e l’aroma lattico-erbaceo.
Il caprino al vino bianco creato da De Santis parte da latte vaccino, scelta che garantisce una pasta più equilibrata in grassi e proteine prima dell’affinamento: la tecnica rimane quella tradizionale, con coagulazione lenta, scarso intervento meccanico e cura manuale di piccole forme.
Breve storia, geografia e profilo sensoriale del caprino – Il caprino al vino bianco
Il vocabolo caseus caprinus compare in fonti altomedievali lombarde, ma la presenza di caprini a pasta fresca è attestata nell’arco alpino già in età romana, favorita dall’allevamento caprino in terre marginali dove bovini e ovini risultavano meno adatti. Oggi i distretti più rinomati si concentrano nell’Alta Langa piemontese, in Valsassina e nella Bergamasca, nel Bellunese e sull’Appennino calabrese. L’assenza di una denominazione unica a tutela del “caprino” riflette la ricchezza di micro-produzioni locali, spesso registrate come Prodotti Agroalimentari Tradizionali, che compongono un mosaico di tecniche e sapori legato ai diversi territori.
Il caprino fresco si presenta con pasta candida, compatta ma facilmente spalmabile, profumata di latte e erbe di pascolo. Al gusto prevale una nota acidula, bilanciata da richiami di nocciola e fieno. Con qualche giorno di maturazione emergono sfumature di yogurt maturo, erbe secche e una lieve vena fungina dovuta ai penicilli autoctoni. L’alta percentuale di acidi grassi a corta catena conferisce la caratteristica impronta “caprina”, più evidente nelle versioni da latte di capra e addolcita, nel caso De Santis, dal profilo neutro del latte vaccino.
L’affinamento in vino bianco
Le piccole forme, una volta asciutte, vengono immerse in vino bianco secco per alcune ore. Il contatto con il liquido svolge innanzitutto un ruolo protettivo: il pH e l’alcol limitano lo sviluppo di microflora indesiderata, prolungando la conservabilità del formaggio. Sul piano aromatico i composti volatili del vino migrano nella pasta e regalano profumi di frutta a polpa bianca, fiori d’acacia e una traccia minerale che rinfresca il palato. L’acidità tartarica del vino, infine, alleggerisce la percezione di grasso e amplifica la sapidità, evitando eccessi di sale. Il risultato è un formaggio dalla consistenza compatta e cremosa, con un attacco lattico netto e un finale secco-floreale che invita al morso successivo.
Il caprino al vino bianco – La scelta di De Santis
Il caprino al vino bianco di De Santis risponde a tre esigenze precise. In primo luogo, dà identità: la sua presenza ricorre in diverso panini diventando un segno di riconoscibilità in una città dove l’offerta di street food è ampia e competitiva. In secondo luogo assicura versatilità: l’acidità vivace dialoga con lattughini croccanti, pere, agrumi o carni affumicate, permettendo contrasti dolce-sapido e caldo-freddo che delineano la cifra stilistica della bottega. Infine crea un legame con il territorio: l’affinatura in vino bianco rimanda alle campagne lombarde, dove in vendemmia il mosto serviva a conservare piccole forme casearie, intrecciando tradizione agricola e creatività urbana.
